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Darna in arabo significa “casa nostra”.

Il progetto nasce come collettivo cinematografico in Italia, formato da giovani menti creative figlie della diaspora, che ritrova nel cinema uno strumento potente per sviluppare idee e creare mondi autentici, promuovendo storie scelte direttamente dalle comunità che rappresentano. Il collettivo nasce da una forte esigenza di creare uno spazio in cui il cinema SWANA (Sud Ovest Asiatico, Nord Africa) e le sue voci sono protagonisti delle proprie narrazioni, liberandosi dalle rappresentazioni stereotipate esterne. In un contesto sociale dominato da una prospettiva occidentale, Darna mira a promuovere nuove espressioni culturali attraverso l’arte, offrendo uno sguardo cinematografico che decostruisca quello convenzionale.

Darna è: Aya Mohamed, Fatima El Mouh, S. Himasha Weerappulige, Mariam El Ayadi, Mehdi Meskar e Valentino Chidiac.

Pagina Instagram https://www.instagram.com/darna.cinema/

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{Fucina} Partiamo dalle base, come nasce Darna?

{Fatima} Darna nasce da una forte esigenza. Il cinema, insieme a tanti altri media, da sempre svolge un ruolo primario nella percezione che ognuno di noi ha del mondo e della realtà che ci circonda. Questo strumento parla attraverso le immagini e le immagini sono universali, arrivano a chiunque.

Il cinema usa un linguaggio che è comprensibile a tanti e, grazie a questa sua semplice caratteristica, è stato fondamentale nel percorso degli anni a raccontare alle persone il mondo che hanno intorno.

Tanto utile quanto potente e pericoloso, perché così come può raccontare il mondo, può anche essere strumentalizzato da chi detiene il potere per raccontare la sua versione sul mondo.

{Fucina} L’immersione costante in un punto di vista occidentale ci fa credere che questo sia unico e assoluto, sia in termini politici che in termini di espressione e produzione artistica. Quali sono gli obiettivi di DARNA?

{Fatima} Il cinema lavora su schemi e strutture complesse, includendo diverse forme d’arte e artisti che sentono il bisogno di raccontarsi attraverso questi strumenti, tuttavia il cinema sottostà alle stesse logiche del sistema capitalista che si nutre di sfruttamento e colonialismo. Infatti, anche il cinema, come tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per raccontare il mondo che ci circonda, è caduto nella trappola eurocentrica guidata dalla narrativa Occidentale che vede un solo modello di vita vincente e valido, quello appunto occidentale. Tutto il resto (e si tratta di tanti, tantissimi paesi, popoli, culture e vite) viene deriso e incivilizzato e preso in considerazione solo per raccontarne gli aspetti che si ritengono negativi perché diversi da quelli europei/occidentali.

Gli stereotipi che sentiamo quotidianamente lanciati dalla politica, vengono ripresi e sottolineati dai film (perché il cinema è una forma potente di politica grazie al suo linguaggio semplice e popolare) che guardiamo sul grande schermo (o anche dal divano di casa nostra).

Il marocchino spacciatore, l’albanese stupratore, la nigeriana prostituta, l’arabo terrorista. In questi film, scritti, diretti e prodotti in Occidente, i personaggi stranieri vengono raccontati sempre nello stesso modo, racchiusi superficialmente dagli stereotipi e privati dalla loro identità come individui con sogni e obiettivi ma mostrati come un gregge monolite che non ha mai la capacità di autodeterminarsi. A un personaggio bianco è permesso sbagliare, e spesso e volentieri sono i suoi difetti a renderlo un eroe nel racconto portando lo spettatore ad immedesimarsi completamente, mentre questo meccanismo non è permesso al personaggio “straniero”. Anzi, i suoi errori sono il risultato di una civiltà arretrata che non gli ha saputo dare i giusti valori morali per stare al mondo. Questo processo malsano nella creazione dei personaggi, dei luoghi e delle storie contribuisce a dare al pubblico una percezione, che con il tempo si trasforma in realtà, distorta del mondo.

Con Darna vorremmo contribuire ad abbattere piano piano questo sistema che ci vede come vittime, animali pericolosi o persone ingenue da salvare, portando in Italia film autentici che raccontano il nostro mondo e le nostre persone nel modo più puro e sincero.

Film scritti, diretti e prodotti da persone non occidentali che conoscono  il mondo che vogliono andare a raccontare. Vorremmo portare nelle sale italiane film provenienti dalla regione Swana (e non solo) creando eventi culturali in cui il dialogo, il confronto, la contaminazione reciproca permettano di abbattere e decostruire una narrazione che partecipa a un sistema corrotto.

{Fucina} Fatima, come vedi il futuro?

{Fatima} In cambiamento.

Tutto ciò che vive, si evolve. Il cambiamento è un processo del tutto spontaneo che non si può bloccare o evitare. Si può magari limitare, modificare, posticipare, ma non bloccare.

Una parte di me è frustrata, perché ogni giorno vengo bombardata da notizie e informazioni disumane che mi portano a domandarmi di continuo: cosa posso fare io nel mio piccolo? Spesso la risposta è negativa: mi rendo conto che nel piccolo posso fare tante cose ma che non avranno un impatto forte a livello globale perché sono consapevole che per arrivare a questo è necessario che le istruzioni, le aziende e chi detiene il potere sociale ed economico si mobilitino. L’altra parte di me è molto fiduciosa, e mi basta vedere i miei nipotini, che per me sono la personificazione del cambiamento: sono i figli dei nostri traumi e sacrifici, sono liberi di essere chi vogliono, fieri delle loro origini e radici. Quando mi soffermo e li guardo vivere, mi rendo conto che i piccoli gesti pieni di sacrificio che ognuno di noi ha dato, in qualche modo sono stati ripagati.

Mi nutro quotidianamente di rabbia e frustrazione ma che mi permettono di voler ricercare la giustizia sociale in ogni spazio che occupo. Vivo costantemente in questo bipolarismo ma con la consapevolezza che a trionfare sarà il cambiamento.