Il ruolo politico della curatela va ben oltre l’apparenza esplicita di manifesti o dichiarazioni politiche, operando spesso in modo sottile ma profondamente incisivo all'interno del contesto sociale e culturale in cui si manifesta. Questa infatti non è solo una pratica organizzativa o un atto di selezione di opere d’arte e artisti, ma è piuttosto un mezzo attraverso il quale si strutturano narrazioni, si definiscono priorità e si costruiscono spazi di dialogo e, perché no, conflitto che influenzano il discorso pubblico e privato.
Esiste infatti un potenziale politico nella curatela che non si esprime attraverso la dichiarazione esplicita, ma attraverso il modo in cui artisti e produzione artistica sono presentati e contestualizzati. Curare significa creare significato: ciò implica la responsabilità di decidere quali storie raccontare, quali voci amplificare e quali marginalizzare. Il potere del curatore risiede nella sua capacità di tessere storie tra le opere e i contesti che le circondano e ospitano, amplificando la percezione del pubblico.
Un altro aspetto che rende la curatela uno spazio rinnovato e resistente è quello della processualità collettiva.
Questo è forse l’aspetto più di rottura con il sistema artistico che conosciamo.
Non me ne voglia il meraviglioso e senza tempo ego dell’artista, ma la pratica curatoriale, oggi, è cruciale quanto il risultato prodotto, rappresentando un’operazione di negoziazione con il territorio circostante, con le politiche vigenti, con le narrazioni predominanti, con - soprattutto - il sistema che abita.
«È evidente che si tratta in fondo della vecchia accusa secondo cui le masse cercano soltanto distrazione, mentre l’arte esige dall’osservatore il raccoglimento. Si tratta di un luogo comune.» Walter Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, 2000
Il vero potere del curatore (o delle infinite pluralità che fanno curatela) risiede nella capacità di riconoscere lo spazio in cui si colloca e creare spazi di riflessione, critica e cambiamento. La curatela artistica ha la potenzialità di evadere il sistema dominante e creare nuove dinamicità e connessioni.
«Per Felix Guattari lasciare spazio a questo processo di analisi continua delle condizioni e dei punti ciechi all’interno delle pratiche era un modo essenziale di occuparsi della dimensione di “fantasia di gruppo” che “non è la stessa della fantasia individuale, o di una somma di fantasie individuali, o della fantasia di un gruppo specifico”, ma segna il punto in cui la fantasia diventa “una specie di moneta collettiva”.» Valeria Graziano, Verso una teoria delle pratiche prefigurative, “In fiamme. La performance nello spazio delle lotte (1967-1979)