La curatela artistica come mediatrice tra istituzioni, comunità e spazio occupato

«Il magone, quando non credo più che con l’arte si può incidere qualcosa, che con l’arte si può partecipare all’intelligenza, al piacere di vivere, all’interesse con gli altri, all’intercambiabilità.» Carla Lonzi, Vai pure, 1980

Il ruolo politico della curatela va ben oltre l’apparenza esplicita di manifesti o dichiarazioni politiche, operando spesso in modo sottile ma profondamente incisivo all'interno del contesto sociale e culturale in cui si manifesta.  Questa infatti non è solo una pratica organizzativa o un atto di selezione di opere d’arte e artisti, ma è piuttosto un mezzo attraverso il quale si strutturano narrazioni, si definiscono priorità e si costruiscono spazi di dialogo e, perché no, conflitto che influenzano il discorso pubblico e privato.

In una società contemporanea in cui il mercato dell'arte ha raggiunto livelli di commercializzazione senza precedenti, il curatore si trova a farsi mediatore tra istituzioni e comunità, fare e rendicontare. La sua pratica diventa così inevitabilmente politica, anche quando sceglie di non affrontare esplicitamente questioni politiche.

Esiste infatti un potenziale politico nella curatela che non si esprime attraverso la dichiarazione esplicita, ma attraverso il modo in cui artisti e produzione artistica sono presentati e contestualizzati. Curare significa creare significato: ciò implica la responsabilità di decidere quali storie raccontare, quali voci amplificare e quali marginalizzare. Il potere del curatore risiede nella sua capacità di tessere storie tra le opere e i contesti che le circondano e ospitano, amplificando la percezione del pubblico.

Un altro aspetto che rende la curatela uno spazio rinnovato e resistente è quello della processualità collettiva.

Se prima il ruolo del curatore era definibile in un’autorità singola, autonoma, adesso molte pratiche curatoriali contemporanee ed emergenti rompono questa visione, adottando un metodo co-creativo che coinvolge più attori e voci. Artisti, scrittori, pensatori, filosofi.

Questo è forse l’aspetto più di rottura con il sistema artistico che conosciamo.

Non me ne voglia il meraviglioso e senza tempo ego dell’artista, ma la pratica curatoriale, oggi, è cruciale quanto il risultato prodotto, rappresentando un’operazione di negoziazione con il territorio circostante, con le politiche vigenti, con le narrazioni predominanti, con - soprattutto - il sistema che abita.

La curatela si fa strumento di attivazione del pubblico e dello spazio che occupa, trasformandolo da destinatario passivo, considerato fin troppo spesso come inerme e disinteressato, a parte attiva di una conversazione più ampia. Il ruolo politico della curatela risiede non tanto negli slogan che propone in una vision sul sito o su qualche brochure, quanto piuttosto nella sua capacità di creare spazi dove il dialogo critico può, letteralmente, degenerare.

«È evidente che si tratta in fondo della vecchia accusa secondo cui le masse cercano soltanto distrazione, mentre l’arte esige dall’osservatore il raccoglimento. Si tratta di un luogo comune.» Walter Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, 2000

Il vero potere del curatore (o delle infinite pluralità che fanno curatela) risiede nella capacità di riconoscere lo spazio in cui si colloca e creare spazi di riflessione, critica e cambiamento. La curatela artistica ha la potenzialità di evadere il sistema dominante e creare nuove dinamicità e connessioni.

«Per Felix Guattari lasciare spazio a questo processo di analisi continua delle condizioni e dei punti ciechi all’interno delle pratiche era un modo essenziale di occuparsi della dimensione di “fantasia di gruppo” che “non è la stessa della fantasia individuale, o di una somma di fantasie individuali, o della fantasia di un gruppo specifico”, ma segna il punto in cui la fantasia diventa “una specie di moneta collettiva”.» Valeria Graziano, Verso una teoria delle pratiche prefigurative, “In fiamme. La performance nello spazio delle lotte (1967-1979)