Morte mediata nell’era digitale

«The ghosts are swarming at the moment. […]  It’s a zeitgeist.» ****Mark Fisher, ‘Hauntology Now’, k-punk, 17 January 2006 at http://k-punk.abstractdynamics.org/archives/007230.html

La presenza spettrale, o la visione dei morti, è sempre stata presente ed estremamente legata all’esperienza umana in ogni cultura, variando in maniera significativa non tanto in riferimento ai luoghi, ma ai tempi. Se nell’antichità gli incontri con il soprannaturale erano spesso considerati con curiosità piuttosto che con timore, in quanto i morti venivano visti come guide o messaggeri, offrendo saggezza da regni al di là del vivente, con l'avvento della modernità lo spettro ha assunto la veste di presagio e minaccia. Non più figure benevole ma araldi di profonda inquietudine.

Nell'infinita danza tra i due mondi l'essere umano ha sempre disegnato trame complesse. Il rapporto con i morti, e gli spettri che ne derivano, è un riflesso intricato delle nostre credenze, paure e bisogno viscerale di ricordi sicuri e fermi.

Le società umane hanno sviluppato in ogni tempo rituali e pratiche per onorare i defunti. Le tombe, i monumenti commemorativi, le tradizioni funerarie hanno la funzione di ponte, consentendo un'interazione simbolica tra i due mondi. Questi rituali servono non solo a celebrare la vita passata, ma anche a stabilire un confine tangibile, permettendo ai vivi di continuare le loro vite senza l'interferenza degli spiriti dei defunti.

Questo confine non è sempre netto. Gli spettri, esseri che vagano tra il regno dei vivi e dei morti, rappresentano un'interfaccia sfumata tra i due mondi, un bug nel sistema, un glitch. Nella cultura popolare e nelle credenze ancestrali, gli spettri sono spesso associati a sentimenti di paura e inquietudine. Si pensa che essi possano vagare per il mondo dei vivi, intrappolati tra il passato e il presente, portando con sé il peso dei loro desideri irrealizzati o delle loro esperienze più traumatiche.

Il ricordo dei defunti si fa atto fondamentale per mantenere l'equilibrio tra i due mondi, ma il modo in cui questo ricordo viene gestito può avere un impatto significativo sulla relazione tra vivi e morti. Se da un lato il ricordo può portare conforto e connessione con coloro che sono passati, dall'altro può anche alimentare l'ossessione e il desiderio di mantenere uno stretto legame con loro. Questo può portare a una rottura dei confini, mettendo a rischio la stabilità e la serenità della vita dei vivi. Da qui nasce la necessità di relegare gli spettri in spazi sicuri e visibili, abitudine che diventa essenziale per assicurare che non tornino a disturbare il mondo dei vivi: tombe, santuari commemorativi e altri luoghi sacri fungono da barriere fisiche e simboliche tra i due mondi, offrendo agli spiriti dei defunti un luogo dove risiedere pacificamente e consentendo ai vivi di continuare le loro vite senza interferenze. Visibili ma assenti.

Oggi, però, il confine tra il regno dei vivi e dei morti si è ulteriormente complicato con lo sviluppo delle tecnologie digitali. Se in passato le barriere fisiche come tombe e monumenti commemorativi servivano a mantenere separati i due mondi, adesso le identità digitali continuano a esistere nel cyberspazio, creando un "oltre" che non è solo spirituale, ma anche virtuale.

«Al confine tra il mondo fisico e quello digitale ci sono gli schermi dei nostri dispositivi, che grazie alle connessioni senza fili ci appaiono oggi come dei portali sempre aperti. Internet stessa, dunque, è uno spazio liminale. Quando siamo online, per usare le parole di Victor Turner, l’antropologo che ha definito il concetto stesso di liminalità, non siamo 'neither here nor there': né qui né là, ma da qualche parte nel mezzo. Non solo: se si trascorre molto tempo online, a un certo punto lo schermo tende a dissolversi. I suoi confini si sfumano, la linea di confine scompare dalla nostra percezione immediata.» Valentina Tanni, Exit Reality, 2023, Nero Editions

Questa dissoluzione dei confini ha profonde implicazioni sul modo in cui viviamo la morte e il ricordo dei defunti. I profili social di questi rimangono attivi, diventando memoriali digitali dove amici e familiari possono lasciare messaggi, condividere ricordi e mantenere un senso di connessione. Questo crea una nuova forma di immortalità: l'immortalità digitale. Le identità digitali sopravvivono ai corpi fisici, lasciando una traccia permanente nel cyberspazio.

Commettiamo spesso l'errore di vedere le nuove tecnologie digitali come entità angeliche e autonome provenienti da un altro universo, dimenticando che sono strumenti creati e istruiti da esseri umani, inseriti in sistemi complessi e ricchi di bias e pregiudizi. La superficialità con cui stiamo gestendo queste tecnologie si riflette anche, tra le molte cose, nel modo in cui affrontiamo la morte come fine.

Come spiega Johanna Sumiala in Mediated Death man mano che un numero sempre maggiore di aspetti della vita sociale diventa mediato, nel nostro specchio digitale, lo diventa anche la morte. Sumiala esplora nel suo libro il modo in cui la morte appare e viene negoziata nel mondo contemporaneo mediato (occidentale) e come i cambiamenti dei mezzi di comunicazione abbiano modificato le dinamiche intorno alla morte e ai suoi rituali. Ci basti pensare, per un momento, a cosa accade ogni volta che un personaggio pubblico muore. Infinite pagine, persone, organizzazioni che, con una frase, un’immagine o un post celebrano il memoriale del defunto, in scala globale.

Qui, un aspetto particolarmente problematico riguarda ciò che accade al nostro io digitale dopo la morte. Chi gestisce la nostra "eredità" digitale? Come verrà utilizzata? Il mondo digitale non si ferma con la morte fisica, e questo solleva questioni etiche e pratiche significative. Molte persone, per esempio, commemorano i defunti condividendo immagini di conversazioni private sui social media. Ma è corretto farlo? Chi ha il diritto di decidere come vengono utilizzate queste informazioni?

Hossein Rahnama, fondatore di Flybits, ha introdotto il concetto di Augmented Eternity, una possibilità di estendere le interazioni umane oltre la vita fisica. Grazie all'intelligenza artificiale, è possibile creare versioni digitali dei defunti che continuano a interagire con i vivi, offrendo consigli basati su dati storici e comportamentali. Questo solleva cruciali questioni etiche e legali riguardo alla privacy e all'autenticità delle interazioni post-mortem: cosa significa realmente interagire con una "versione" del defunto? Quali sono le implicazioni per il nostro processo di lutto e memoria? Chi tutela il materiale privato del defunto?

Il dat-bot è un chatbot creato da James Vlahos, il quale ha sviluppato un'intelligenza artificiale in grado di replicare le conversazioni con suo padre, John Vlahos, dopo la sua morte, è un esempio emblematico di questa possibilità. James ha registrato e digitalizzato ore di conversazioni con suo padre, raccogliendo aneddoti, storie di vita, consigli e il suo modo di esprimersi. Il risultato è un chatbot che può rispondere a domande e interagire in modo sorprendentemente simile a come avrebbe fatto John Vlahos in vita, in un loop eterno.

«Ma che ne è del ricordare? Chi stabilisce quali avvenimenti vengono installati nel redivivo digitale e in quale momento vengono rievocati? Secondo quali princìpi e valori si orientano gli sviluppatori e le sviluppatrici della creatura digitale? Dovrebbero cercare di renderci felici il più spesso possibile? O evitare di renderci tristi? Dovrebbero provare a mantenerci calmi? O, al contrario, spingerci a vivere intensamente perché questo rende la vita degna di essere vissuta? Dovrebbero cercare di soddisfare i nostri desideri più frequenti? Oppure sorprenderci spesso, spronarci, ispirarci nuove idee, anche se questo potrebbe farci sentire oberati, manipolati o sottovalutati, o, o, o…?» Moritz Riesewieck & Hans Block, La fine della morte, 2023, Tlon

Gli scenari possibili sono infiniti, ma una sola cosa è certa: ognuno di questi è direzionabile e manipolabile.

L'era digitale ha trasformato il concetto di morte e immortalità.

La morte, ora, non è più un evento che segna una fine definitiva, ma un passaggio verso una nuova forma di esistenza digitale e gestita, modellata, una presenza perpetua che continua a influenzare e interagire con il mondo dei vivi. Nell'era digitale, il ricordo dei defunti si estende oltre il tradizionale, prendendo una forma che è visibile, interattiva e duratura nel tempo. Cosa ne faremo?