Francesca, ti va di raccontarci di questo primo mattoncino che proponi di mettere collettivamente il 5 Giugno?
La creazione di questo spazio nasce da un’esigenza, prima di tutto, personale. Dopo anni vissuta in città sono dovuta tornare in provincia, e lì ho notato e vissuto quanto le dinamiche fossero rimaste completamente invariate rispetto agli anni della scuola.
Questo mi ha portata a stare spesso in casa, scappare appena potevo in altri luoghi, per non rapportarmi a situazioni o persone distanti da me, generando un’auto-isolamento forzato dall’esterno.
Non credo di essere l’unica ad averlo vissuto o a viverlo, e a desiderare uno spazio condiviso anche e soprattutto in zone spesso dimenticate.
Questo primo incontro del 5 Giugno (*) potrà sembrare abbozzato, disorganizzato, ma vuole esserlo. Vuole essere una pagina bianca su cui scrivere insieme un racconto che possa essere qualcosa di nuovo, libero. Definire così insieme le nostre aspettative, i nostri desideri, in un modo orizzontale e aperto.
<aside> <img src="/icons/asterisk_gray.svg" alt="/icons/asterisk_gray.svg" width="40px" /> Il 5 Giugno si terrà questo primo incontro collettivo presso il Circolo ARCI di Margine Coperta, Via Primo Maggio, 47, 51010 Massa e Cozzile (PT)
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Come definiresti, nel contesto attuale soprattutto, lo spazio di cura e confronto che desideri creare?
Sono certa che spazi di cura e confronto già esistano, per questo voglio definirlo uno spazio bianco che verrà riempito dalle soggettività che lo compongono. So che sarà un’impresa, che non sarà semplice, ma so che sarà una bella responsabilità… condivisa.
Nel contesto attuale soprattutto, e nel contesto specifico in cui questa iniziativa si va a collocare, che subisce fascini e onte di un fascismo passato e tornato in nuove forme, non sarà facile. È un contesto che non tiene conto delle soggettività marginalizzate in alcun modo, anzi, le allontana.
Gli spazi di aggregazione disponibili, ad esempio, sono completamente incentrati su un’ottica assolutamente neurotipica, classista, inattuale. Il diverso viene censurato, rigettato.
«L’autocoscienza femminista rivoluzionaria enfatizzò l’importanza di conoscere il patriarcato in quanto sistema di dominazione, come è stato istituzionalizzato e come è stato perpetuato e sostenuto. Comprendere il modo in cui la dominazione maschile e il sessismo erano espressi nella vita quotidiana creò nelle donne la consapevolezza dei modi in cui erano vittimizzate, sfruttate e, nel peggiore degli scenari, oppresse. Agli inizi del movimento femminista contemporaneo, i gruppi di autocoscienza divennero spesso spazi in cui le donne semplicemente davano libero sfogo all’ostilità e alla rabbia repressa per essere state vittimizzate, con poca o nessuna concentrazione sulle strategie di intervento e trasformazione. Fondamentalmente molte donne sfruttate e ferite utilizzarono il gruppo di autocoscienza in maniera terapeutica. Era il luogo in cui esponevano e rivelavano apertamente le profondità delle loro ferite intime. Quest’aspetto confessionale serviva come un rituale di guarigione. Tramite l’autocoscienza le donne ottennero la forza necessaria per sfidare le forze patriarcali al lavoro e a casa.» bell hooks, Consciousness-Raising. A costant Change of Heart, in Feminism is for Everybody: Passionate Politics, South End Press, Cambridge
Come vedi il futuro?